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Nel Museo Civico di Lanuvio si conservano attualmente una serie di frammenti d’intonaco dipinto, ritrovati nel 1977 presso il cimitero di Lanuvio, che rappresentano qualitativamente una delle più alte attestazioni della pittura parietale romana.
La pittura è pertinente ad una villa a terrazze posta immediatamente a Sud-Est del Colle S. Lorenzo, dove è ubicato il Santuario di Giunone Sospita.
I frammenti d’intonaco dipinto conservati sono 27, di questi 23 ricongiungibili e presentano una zona figurata inquadrata da cornici, con motivo ad anthemion nella parte superiore, e un motivo a languettes in quella inferiore.
Dei restanti quattro, due mostrano rispettivamente il cielo e parte della cornice inferiore con una linea nera a chiusura della scena figurata, e gli ultimi due frammenti, in contatto tra loro, mostrano avanzi di un motivo a candelabro su fondo rosso cinabro.
La zona figurata e le due fasce di chiusura della pittura lanuvina misurano complessivamente cm. 40,5 in altezza e, cm. 56 in larghezza (per quello che ancora si può vedere). La pittura, per le sue proporzioni limitate e per le cornici di chiusura decorate diversamente nella zona superiore e in quella inferiore, sembra essere parte di un fregio figurato o di una predella figurata.
Negli intonaci figurati lanuvini è rappresentato un rituale dionisiaco che si svolge all’aperto, tematica frequente nell’ambito del terzo stile, soprattutto nella fase finale.
La scena figurata mostra un paesaggio agreste in cui si sta compiendo una iniziazione dionisiaca; riportano infatti ad ambito dionisiaco, oltre alla presenza del tirso e del cymbalum appesi all’albero, la didascalia centrale in greco che menziona chiaramente il nome del dio del vino e ci permette di identificare con certezza la statua raffigurata e tutta un’altra serie di elementi.
La prima figura che si impone, per la sua centralità nell’intera scena e per la sua importanza rispetto a tutto il resto, è quella inserita all’interno del baldacchino.
Essa rappresenta una statua di Dioniso seduto su uno sgabello, cinto da una corona aurea, che tiene con la sinistra il tirso e con la destra il cantaro.
Le due donne con fiaccole sono figure attestate con una certa frequenza in ambito dionisiaco e dovrebbero rappresentare delle menadi che, in questo caso, fungono da assistenti al rito di iniziazione.
Se poniamo l’attenzione al centro della pittura, notiamo la presenza di un ulteriore personaggio femminile di cui possiamo dire soltanto che veste un chitone violaceo e dei calzari rossi. Della parte superiore del corpo restano soltanto le due braccia con le quali la fanciulla tiene sollevato il liknon sopra la testa del personaggio ammantato, che è vestito alla maniera frigia. Tale personaggio si trova nella zona centrale dell’intonaco, che è fortemente frammentaria, e compare in primo piano. Porta alti calzari ed anaxyrides, cioè pantaloni lunghi ed attillati.
Nel personaggio ammantato in primo piano e nella figura femminile frammentaria che gli tiene sollevato il liknon sopra la testa la chiave di lettura più convincente è la seguente: si tratta nel caso del personaggio ammantato di un iniziando ai misteri dionisiaci, visto che il volto velato è nel mondo dionisiaco una prerogativa degli iniziandi; va osservato che il liknon sopra la testa dell’iniziato raffigurato nella pittura lanuvina non è ancora stato scoperto.
L’albero al centro sta a connotare lo svolgimento all’aperto della cerimonia, ed è chiaramente indicata la connessione ai culti dionisiaci attraverso il cymbalum ed il tirso inserito tra i suoi rami.
Si potrebbe forse trattare di un sicomoro: le sue foglie infatti sono lunghe e strette, serrate l’una all’altra.
Sotto l’albero sono raffigurati parte di un animale e parte di un personaggio, entrambi in uno stato piuttosto frammentario.
Dell’animale restano solo le zampe e le orecchie, che potrebbero raffigurare sia un mulo che una capra.
Sarei però più propenso a riconoscere nell’animale della pittura una capra; e questo sia perchè gli zoccoli dell’animale presentano l’apertura nella parte anteriore, sia perchè le zampe sono troppo esili per essere quelle di un mulo. La capra è accompagnata da un satiro.
Entrambi sono individuabili nella zona immediatamente al di sotto dell’albero. La capra è tra gli animali che si sacrificano a Dioniso.
Ma va anche detto che un altro aspetto riconducibile ad un animale della cerchia dionisiaca e che potrebbe (il condizionale è d’obbligo) riportare all’intonaco figurato lanuvino, è il motivo del toro.
Al momento del rinvenimento nel 1977, infatti, la pittura non era ridotta in frammenti né presentava quella lacuna centrale in cui, a detta di coloro che hanno miracolosamente salvato il pezzo dall’incuria, doveva essere un toro trascinato da due uomini verso il centro della scena; la parte sinistra mancante, invece, non è mai stata rinvenuta .
Al gruppo dei due uomini che tiravano il toro verso il centro della scena, potrebbe essere pertinente la parte superiore di un pedum che compare in basso e a destra delle due figure inserite all’interno del baldacchino vegetale .
Esse, probabilmente in relazione al pedum e a tutto ciò che è purtroppo caduto in lacuna, raffigurano nient’altro che Dioniso sorretto da un satiro secondo un’iconografia ben documentata.
Nella pittura lanuvina non ci sono sileni, ed entrambi i satiri presenti, sia quello che sorregge Dioniso, sia quello che è a contatto con la capra, incarnano perfettamente questi tratti idilliaci e rustici di cui abbiamo detto finora, sono giovani ed imberbi e il loro atteggiamento, così come tutto l’insieme della composizione, ispira un senso di pacatezza assoluta.
Le altre figure appaiono molto frammentarie e mi riferisco in particolare a quella all’estrema sinistra, vicina al cratere, della quale appare soltanto la parte superiore a causa della frattura che interessa l’intonaco in questa zona. Per tale personaggio quindi, è difficile dare una descrizione esauriente e completa.
Un elemento con cui potrebbe essere messo in relazione è l’iscrizione in greco poco più in basso a destra (di chi osserva), sotto al cratere metallico. Nell’iscrizione in greco di quattro lettere, che presenta a sinistra una lacuna (non è certo quindi se la didascalia sia completa), compare una scritta [—] che potrebbe forse essere il nome di Ino, nutrice di Dioniso. La figura dimezzata col braccio proteso in avanti, in base agli esempi citati, non mostra nessuna attinenza con la nutrice di Dioniso, ma potrebbe trattarsi di una menade. Il cratere metallico al di sopra dell’iscrizione, che prima abbiamo solo menzionato, è in relazione a contesti sacrificali: sappiamo infatti che, quando il banchetto finiva, si beveva insieme ed era associato anche a cerimonie iniziatiche.
E’ anche presente sullo sfondo un tempio, il quale, visto il contesto iniziatico in cui ci troviamo, fa tornare alla mente il passo di Livio, secondo cui gli aspiranti all’iniziazione dionisiaca dovevano osservare dieci giorni di astinenza anche dal vino, al termine dei quali aveva luogo un pasto solenne e venivano ammessi nel sacrario: “Bacchis eum se initiaturam….. decem dierum castimonia opus esse: decimo die cenatum, deinde pure lautum in sacrarium deductaram” .
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